Abbazia di Novacella
Abbazia di NovacellaBiography
“Nel lontanissimo 1142 i Canonici Regolari Agostiniani provenienti da Klosterneuburg, vicino a Vienna, fondarono a Varna, appena fuori l’attuale Bressanone, l’Abbazia di Novacella (Neustif), un edificio ricco di storia e di cultura che ha una straordinaria biblioteca e una cantina plurisecolare. Gli Agostiniani insegnarono come bonificare la terra e come coltivare la vite agli abitanti della Valle Isarco e di tutta la Valle dell’Adige fino a San Michele. L’area di Bressanone è la zona vitivinicola più a nord d’Italia e una tra le più elevate d’Europa, qui ci sono condizioni estreme per la coltivazione delle vite, e ogni anno l’uomo lancia una sfida alla natura per riuscire a ottenere una vendemmia di qualità. Gli inverni sono particolarmente lunghi e rigidi, vi sono però le condizioni ottimali per la coltivazione di alcuni vitigni aromatici dai quali nascono vini profumati, sapidi e minerali. Qui nei vigneti più ripidi e meglio esposti a mezzogiorno su una superficie complessiva di circa 20 ettari si coltivano vitigni bianchi quali il sylvaner, il kerner, il gewürztraminer, il müller thurgau e il veltliner. Le uve delle vigne migliori vengono selezionate ogni anno con criteri assolutamente rigorosi e sono destinate alla linea di prodotti d’eccellenza denominata “Praepositus”. Tra di essi vanno menzionati il Kerner che ha il caratteristico colore paglierino con note verdoline, profumi di anice e pino, dal sapore molto secco e minerale; ma anche Il Gewürztraminer che colpisce per la ricchezza di aromi di frutta, tropicale e dal caratteristico retrogusto speziato.
L’Abbazia di Novacella, oltre dei possedimenti di Varna, è proprietari a Bolzano, nella Tenuta Mariaheim al centro della città, luogo eletto per la produzione del vitigno Leagrein dal quale si ottiene un rosso dal colore quasi violaceo, dal profumo esuberante e dalla straordinaria consistenza e pienezza.
A Cornaiano, nei pressi di Bolzano, alla confluenza delle Valli dell’Adige e dell’Isarco, l’Abbazia possiede la tenuta di Marklhof dove si coltivano pinot nero e moscato rosa. Dal primo vitigno nasce un vino rosso flessuoso ed elegante; dal secondo un vino di colore rosato, dall’esplosivo profumo di rosa passita e di spezie, dolce e carezzevole al gusto.”
Agricole Vallone
Agricole ValloneBiography
Il caso di Vittoria e Maria Teresa Vallone, le vignaiole più importanti del Salento, è unico: la vitivinicoltura per loro non è soltanto un’attività appassionata, è un impegno morale che si sono assunte per realizzare i progetti del loro fratello Franco, immaturamente scomparso a 39 anni, nel 1979. Moderno, aperto, di lucida intelligenza e grande intuito, Franco Vallone aveva indirizzato gli interessi della famiglia, proprietaria dal 1934 di floridi terreni nella Penisola salentina, verso l’imprenditoria agricola, negli anni in cui, dopo lo shock della riforma fondiaria, non erano molti i proprietari terrieri a credere nel futuro delle loro tenute. Grazie a lui, i Vallone furono tra i primi, in Puglia, a liquidare i rapporti di colonia e mezzadria per intraprendere la conduzione diretta: la Agricole Vallone è una sua creatura. è un’impresa articolata su tre nuclei autosufficienti, dotati di un certo margine di autonomia, che fanno capo però, per le scelte strategiche e i servizi generali, al direttore, Donato Lazzari, che ha il suo centro operativo a Lecce. La superficie aziendale è di 660 ettari: 40 sono del vigneto di famiglia, lo Iore di San Pancrazio Salentino; 310 della tenuta Flaminio, a Brindisi, di cui 110 vitati; e 312 ettari di Castelserranova, in agro di Carovigno. A vite sono coltivati 170 ettari, con una cantina per la vinificazione a Brindisi e una per la maturazione e l’imbottigliamento a Copertino. Alla morte di Franco, stroncato da un infarto, le sorelle Vallone hanno sentito il dovere di realizzare il suo sogno incompiuto: creare un’azienda agricola d’avanguardia nel Salento. E ci sono riuscite, grazie anche all’oculata scelta dei collaboratori, coordinati dal direttore generale, l’agronomo Donato Lazzari, che era stato il braccio destro di Franco. è con il loro consiglio che le sorelle Vallone hanno coraggiosamente deciso di imbottigliare soltanto il fior fiore del vino che producono con le loro uve (il resto viene ceduto sfuso) per puntare, come aveva voluto Franco, sulla grande qualità. La potenzialità dei loro vigneti è di almeno 1,4 milioni di bottiglie, ma loro ne fanno soltanto 620mila. Il loro vino di punta è il Graticciaia, una delle massime espressioni vinicole pugliesi; un rosso da uve di negroamaro appassite su graticci. Il nome del vino deriva appunto dalla Graticciaia, il fruttaio ove sono sistemate le leggere stuoie fatte con canne intrecciate e vimini. Ne nasce un vino possente e ampio, eppure elegante e suadente.
Altesino
AltesinoBiography
Creata nel 1972, l’azienda agricola Altesino si estende oggi a Montalcino su una superficie di 70 ettari, dei quali 36 sono coltivati a vigneto specializzato nelle località di Altesino, Velona, Pianezzine e Montosoli. Ha sede sulle colline orientali del territorio, nel quattrocentesco Palazzo Altesi, edificato dalla nobile famiglia Tricerchi, dove si trovano anche le cantine di affinamento e, sotto il livello del suolo, la zona di vinificazione. Dal 2002 l’azienda, da sempre diretta da Claudio Basla, è di proprietà di Elisabetta Gnudi Angelini, che l’ha acquisita perché è storicamente la più innovativa di Montalcino. Nei suoi primi 30 anni di vita è stata infatti un’autentica fucina di idee rivoluzionarie: la prima a introdurre il concetto di cru in questo territorio ponendo orgogliosamente in etichetta il nome della sua vigna più vocata, Montosoli, la prima a sperimentare la barrique nel 1979, la prima a creare una grappa di fattoria nel 1977 in collaborazione con il distillatore Gioacchino Nannoni, la prima a vendere in anteprima il Brunello della vendemmia 1985 rilasciando certificati di vendita simili ai futures. La maggior parte dei vini che Altesino produce è ottenuta dalla vinificazione delle uve di sangiovese, usate in purezza nel Brunello, nel Rosso di Montalcino e nel Palazzo Altesi (che si diversifica per una particolare vinificazione); assemblate invece con merlot e cabernet sauvignon nel Rosso Altesino e nell’Alte di Altesi, i due vini della gamma in minor misura legati alla tipicità montalcinese. Fiore all’occhiello dell’azienda è il Brunello ricavato da una vigna di 5 ettari a nord di Montalcino, a un’altitudine di 350 metri: è il Brunello del cru Montosoli, che viene imbottigliato esclusivamente nelle grandi annate (quando la vendemmia non corrisponde alle ambizioni, il vino viene assemblato con quello degli altri vigneti). Per ben tre volte Wine Spectator ha inserito questo Brunello tra i 100 migliori vini del mondo.
Il vino più importante prodotto da Altesino è il Brunello ottenuto dal vigneto Montosoli, che l’azienda è stata la prima, nel territorio, a rivendicare come cru.
Batasiolo
BatasioloBiography
La Batasiolo è un’azienda vitivinicola di La Morra che ha dimensioni insolitamente grandi per il Piemonte: produce 2 milioni e mezzo di bottiglie all’anno, dispone di 112 ettari di vigneti in proprietà ed è la più grossa produttrice di uve da Barolo di tutte le Langhe. Eppure per la famiglia che la possiede e la gestisce non rappresenta il business principale: i Dogliani sono infatti alla testa di una galassia di società che ruotano intorno al colosso del gruppo, l’Inc Costruzioni Generali, l’impresa che ha costruito l’autostrada del Frejus, la Torino-Bardonecchia. La Batasiolo è nata nel 1978 dalla fusione della Fratelli Dogliani, l’azienda vitivinicola di famiglia, con la Kiola, una casa vinicola di La Morra molto chiacchierata ma di grandi dimensioni che Matterino Dogliani, creatore dell’impresa di costruzioni stradali, aveva appena acquistato dalla multinazionale Idv (International Distillers Vintners, quella che controlla la Cinzano), che voleva disfarsene perché ci aveva rimesso troppi quattrini. L’obiettivo più urgente della nuova azienda, che Matterino, assumendone la presidenza, aveva affidato a suo fratello Fiorenzo, amministratore delegato, fu quello di far dimenticare nel più breve tempo possibile la Kiola (ecco perché le fu cambiato nome) e il suo poco esaltante passato. Una mossa azzeccata fu separare la gestione dei vigneti da quella della cantina mediante la creazione di un’azienda agricola, la Beni di Batasiolo, alla quale furono conferiti tutti i terreni vitati. E’ con quest’ultima che i Dogliani, con una oculata politica di acquisizioni che ha messo insieme nove cascine, sono riusciti a diventare i più grandi produttori di uve da Barolo delle Langhe. Le viti di nebbiolo da cui le ricavano (circa 3mila per ettaro) occupano una sessantina dei 112 ettari vitati di proprietà (i Beni di Batasiolo ne occupano globalmente 120). E tutti i vigneti che ne fanno parte sono di grande rinomanza, uno straordinario patrimonio di terreni vocati alla viticoltura di qualità. Al vertice dei 2,6 milioni di bottiglie prodotte annualmente ci sono le 270-300mila di Barolo. Oltre alla versione base, l’azienda imbottiglia separatamente quello ricavato da ben quattro cru: il Barolo Bofani a Monforte d’Alba, Cerequio a La Morra, Boscareto e Corda della Briccolina a Serralunga d’Alba.
Campogiovanni
CampogiovanniBiography
L’interesse dell’Azienda Agricola San Felice nella zona di Montalcino risale ai primi degli anni ’80 quando il territorio del Brunello era in fermento ma ancora non erano stati raggiunti i vertici di eccellenza e di notorietà che oggi lo contraddistinguono. Il 1° gennaio 1985 le nostre prime bottiglie di Brunello di Montalcino venivano commercializzate sul mercato. La TENUTA CAMPOGIOVANNI è situata sul versante a sud della collina di Montalcino, nei pressi di S. Angelo in Colle, in una fascia che per le caratteristiche pedologiche produce alcuni dei Brunello di più alta qualità. Oltre a 20 ettari di vigneto specializzato, vi sono 18 ettari di oliveti, seminativi e boschi per un totale complessivo di 65 ettari. I vigneti si trovano in tre differenti appezzamenti a un’altitudine di circa 300 metri s.l.m. Dei 20 ettari a vigneto 14 sono coltivati esclusivamente a Brunello, il resto a Rosso di Montalcino. Nel 1998 sono stati piantati anche alcuni filari di Pugnitello a titolo sperimentale. La maggior parte dei vigneti ha una densità di oltre 7.000 piante per ettaro e sono allevati con il sistema del cordone speronato. La produzione di Campogiovanni si identifica soprattutto con il BRUNELLO e il ROSSO DI MONTALCINO. A partire dal 1990 viene prodotta una Riserva denominata «IL QUERCIONE», frutto di una accurata selezione dell’omonimo vigneto che viene prodotta solo in occasione di annate eccezionali. Il Brunello Campogiovanni è entrato a pieno diritto tra i grandi vini di questo territorio. Infatti ha ottenuto alcuni dei più importanti riconoscimenti nazionali e internazionali, tanto che le annate 1990 e 2006 si sono classificate rispettivamente al settimo e quarto posto nella classifica dei 100 migliori vini del mondo redatta dalla autorevole rivista americana «Wine Spectator».
Cantine del Notaio
Cantine del NotaioBiography
Il notaio era il padre di Gerardo Giuratrabocchetti, titolare di quella che é considerata una cantina simbolo della Basilicata. E in onore al padre i vini hanno preso i nomi degli atti e degli strumenti della professione notarile: la Firma, il Sigillo, il Rogito, il Repertorio, la Stipula, l’Autentica. Gerardo Giuratrabocchetti é un agronomo che ha sempre vissuto in campagna sin da ragazzino. Un giorno in mezzo ai vigneti il nonno, che pure si chiamava Gerardo, gli disse: “Poichè ti chiami come me, queste vigne ti apparterranno”. E così fu. Trent’anni dopo, nel 1998 nacquero le Cantine del Notaio, l’azienda vitivinicola che aveva e ha come ambizione quella di ridare onore e lustro alla terra del Vulture famosa per la grandezza dei vini già dall’epoca di Orazio che era nato proprio da queste a parti, a Venosa. Con la collaborazione del professor Francesco Moio, docente dell’Università di Napoli, si é proceduto a un accurato studio dei terroir, dei sistemi di coltivazione della vite e dei metodi di vinificazione. I circa 30 ettari di vigneto di cui dispone la proprietà sono situati nei territori storici e nei luoghi migliori contraddistinti da uno strato vulcanico sotto il quale si trova quel tufo che in loco é detto”tufo che allatta” perchè costituisce una riserva idrica fondamentale per superare i periodi siccitosi. Il vitigno principe coltivato maggiormente é l’aglianico, che nell’area del Vulture ha trovato la sua terra di elezione, grazie alla quota elevata, al terreo vulcanico, al caldo intenso di giorno e al fresco della notte.
Le cantine sono ricavate in antiche grotte naturali di tufo vulcanico che risalgono al XVII sec. e furono in passato utilizzate dai frati francescani. Un ambiente spettacolare, di grande suggestione, ma anche di estrema funzionalità, nelle grotte di tufo la temperatura e l’umidità si mantengono costanti per tutto l’anno. La ricchezza e le possibilità espressive dell’aglianico si modulano in maniera differente a seconda del tipo di vino. Il Sigillo é un vino tutto d’un pezzo, compatto e autorevole; la Firma invece é un vino sempre corposo, ma morbido che esprime un’inarrivabile eleganza lucana, il Repertorio infine é un vino che estrinseca il carattere dell’aglianico in maniera più immediata, con uno stile più fruttato.
Castello Banfi
Castello BanfiBiography
Premiata al Vinitaly come migliore cantina d’Italia per 11 anni consecutivi, Castello Banfi ha meritato questo riconoscimento perchè rappresenta un modello imprenditoriale capace di coniugare un altissimo livello qualitativo dei prodotti con dimensioni colossali: é la più grossa realtà di Montalcino, con 2.850 ettari, di cui oltre 850 impiantati a vigneto specializzato, e una produzione annua di 11,5 milioni di bottiglie. A creare la Banfi sono stati due italo-americani, i fratelli John ed Harry Mariani. Quando cominciarono ad acquistare i terreni a Montalcino, nel 1978, erano già da una quindicina d’anni alla guida della Banfi Vintners, la più importante azienda statunitense d’importazione vinicola, ereditata dal padre Giovanni, di origine italiana, che l’aveva fondata nel 1919 a New York. La loro ambizione? Produrre essi stessi vini d’alto pregio italiani da portare sul mercato internazionale. La loro azienda é diversa dalle altre di Montalcino: non é affatto monotematica, anzi é in grado di fornire una gamma di vini capaci di soddisfare un ampio ventaglio di esigenze sia per il prezzo sia per lo stile di vinificazione. Al vertice della produzione, difatti, non c’é soltanto il Brunello di Montalcino Poggio all’Oro, ricavato dal loro miglior cru, ma anche due rossi di grande ambizione, l’Excelsus, da uve di cabernet sauvignon e merlot, e il Summus, in cui il sangiovese é unito a cabernet sauvignon e syrah: due SuperTuscan che vestono i panni della nuova Doc Sant’Antimo. La parte più americaneggiante della Banfi é la cantina, un modernissimo stabilimento di enormi dimensioni per poter vinificare in selezione, continuamente aggiornato perchè sia sempre all’avanguardia con le tecnologie più avanzate. I Mariani non hanno però dimenticato che i vini sono cultura: nel Castello di Poggio alle Mura, ex roccaforte della Repubblica senese e oggi sede di rappresentanza dell’azienda, hanno insediato un Museo del vetro che ripercorre la storia della bottiglia dall’antichità ai nostri giorni.
Castello del Terriccio
Castello del TerriccioBiography
Il nuovo corso del Castello del Terriccio inizia nel 1975, quando Gian Annibale Rossi di Medelana ne eredita la proprietà. Si tratta di una sorta di latifondo con castello, borgo e molti casolari, situato in magnifica posizione sulle colline di Castellina Marittima comune in riva al Tirreno in provincia di Pisa a pochi chilometri in linea d’aria da Bolgheri. Rossi ha avuto la proprietà dal prozio Serafini Ferri, che nell’immediato dopoguerra aveva rilevato l’azienda dedicandosi alla coltivazione dei cereali; la linea produttiva viene modificata, convertendo una parte dei terreni a vigneti. Vigneti che vengono progettati con cura (prevedono tra l’altro un’elevata fittezza di ceppi per ettaro e una produzione molto limitata per pianta) solo dopo avere studiato attentamente terra e clima, scoprendo che, come la men lontana Bolgheri, ha notevoli affinità con il terroir di Bordeaux. Pertanto si privilegia l’impianto di varietà internazionali tipicamente bordolesi come il merlot, il cabernet sauvignon e il petit verdot, i quali sostituiscono i tradizionali sangiovese e trebbiano, sono un’assoluta novità per il territorio di Castellina. Un’intuizione che si rivelerà vincente. Nel 1986 vedono la luce i primi vini che per la loro qualità e personalità suscitano l’interesse dei media e del pubblico degli enofili,
Il Lupicaia é il vino simbolo del Terriccio, un classico taglio bordolese (cabernet sauvignon, merlot con un tocco di petit verdot), i vini merlot e cabernet vengono affinati separatamente in barrique per almeno 18 mesi, e poi, come appunto si fa a Bordeaux, vengono “tagliati”, cioé miscelati in una proporzione che varia leggermente di anno in anno. Il taglio serve a valorizzare al meglio la personalità dell’annata, in modo da mettere in bottiglia ogni anno un vino perfettamente equilibrato, intenso, morbido, e soprattutto capace di vivere a lungo. Un vino che ha avuto molti premi e riconoscimenti internazionali. Dall’anno 2000 é in produzione il Castello del Terriccio che nasce da una prevalenza di syrah (altro vitigno alloctono che ha trovato una terra di elezione al Terriccio), con merlot e altri vitigni. Un vino complesso, fitto con una caratteristica nota speziata. Completano la gamma il piacevolissimo Tassinaia nel quale si evidenzia il carattere del sangiovese abbinato al merlot e petit verdot. Ma non solo i rossi vengono bene al Terriccio, come dimostra l’autorevole Rondinaia, uno chardonnay molto equilibrato e suadente.
Castello di Querceto
Castello di QuercetoBiography
Il Castello di Querceto dal lontano 1897 é di proprietà dei François, famiglia di origine francese trasferitasi in Toscana nel corso del XVIII secolo, quando uno dei suoi componenti, funzionario della casa degli Asburgo-Lorena, si spostò in conseguenza dell’assegnazione del Granducato di Toscana al casato stesso.
Il Castello é ubicato nella parte nord-orientale del territorio del Chianti Classico, in una piccola valle nel comune di Greve in Chianti a pochi km dal capoluogo; i vigneti e gli oliveti dell’Azienda giacciono sulle pendici della valle a quote comprese fra i 400 e i 530 metri s.l.m. e sono pertanto classificati come vigneti e oliveti di “alta collina”.
La proprietà si estende per 190 ettari dei quali 60 coltivati a vigneto, quasi interamente intorno al centro aziendale che comprende il Castello e tutta la struttura produttiva, dove le recenti e moderne costruzioni, eseguite nel rispetto dell’immagine e della tradizione della zona, affiancano gli antichi edifici.
Dopo due generazioni, a partire dalla fine degli anni 70, Alessandro François e la moglie Antonietta hanno dato inizio a una nuova fase di profonda ristrutturazione aziendale, basata su un programma di investimenti che ha interessato sia l’attività agricola che quella di trasformazione delle uve.
Essendo stata l’Azienda interessata da una grossa crescita dimensionale negli anni recenti, si é deciso di approvare un ulteriore piano di sviluppo che ha generato, oltre a un aumento della produzione, anche una razionalizzazione dell’intera attività produttiva.
L’attività colturale viene condotta avendo come fine il conseguimento della massima qualità e della compatibilità ecologica della produzione. La filosofia di Querceto si fonda sulla valorizzazione di alcune selezioni particolari che nascono da un approfondito studio delle caratteristiche dei vigneti dell’azienda, nel tentativo di esaltare al massimo le potenzialità dei diversi vitigni coltivati in condizioni ambientali differenti tra loro. Il vino più importante é il Chianti Classico Riserva Il Picchio, sangiovese al 90% con un’aggiunta di canaiolo, dotato di notevole struttura e carattere marcato, assai elegante nelle sua essenza tipicamente chiantigiana. Si tratta di un vino di impronta certamente tradizionale, ricco di tannini nobili adattissimo per grandi abbinamenti con carni rosse e cacciagione.
Anche gli Igt La Corte, Querciolaia e Cignale sono tuttavia prodotti di livello qualitativo senza dubbio elevato e di buon rapporto prezzo-qualità.
Castello Vicchiomaggio
Castello VicchiomaggioBiography
Il Castello Vicchiomaggio é una delle più belle dimore storiche della Toscana immersa in un parco di oltre 130 ettari di terre. Tra le sue mura sono stati ospitati personaggi illustri quali Leonardo da Vinci e Francesco Redi, che qui compose il celebre poema Bacco in Toscana. I proprietari attuali sono John e Paola Matta. Le origini del Castello, inizialmente denominato Vicchio dei Longobardi, risalgono all’incirca al 1400, come riportato su alcune antiche pergamene ancora oggi conservate. La sua ubicazione in cima a una collina dominante tutta la Val di Greve, a soli 26 km da Firenze e 48 da Siena, si é rivelata nel corso dei secoli una posizione altamente strategica all’interno del territorio chiantigiano. L’azienda agricola, supervisionata dai proprietari con l’ausilio di uno staff altamente qualificato, produce una gamma di vini di livello, diversi prodotti, espressione di stili differenti che variano dal tradizionale all’innovativo, che si rivelano tuttavia sempre espressione fedele delle caratteristiche peculiari della zona. Per raggiungere questo risultato tutto il terreno é stato rigorosamente classificato secondo la tipologia e l’esposizione dei vigneti. Tra i vini della cantina, il Chianti Classico San Jacopo, che prende il nome da un’antica casa colonica situata nella proprietà. Da uve sangiovese (90%), canaiolo (5%), colorino (5%). Elevato in botti grandi, ha stile molto classico. L’assemblaggio d’uve tradizionali conferisce a questo vino ben strutturato e riccamente fruttato un colore molto seducente. Al naso ha profumi caratteristici di viola mammola, prugna e ciliegia. Al palato é caldo e morbido, ideale con fiorentina e carni alla brace. Il Chianti Classico Riserva Petri, da uve di un vigneto di più di 20 anni, viene invece elevato in barriques per sei mesi, e viene successivamente trasferito in botti grandi da 25-75 hl, per altri nove mesi. Vino di eccellente struttura, ha sentori fruttati, note di rovere, sorso caldo. Da abbinare a carni rosse. Infine, il Chianti Classico Riserva La Prima, che nasce in vigneti di oltre 35 anni ed é vino molto ricercato da collezionisti in tutto il mondo (12 mila le bottiglie prodotte per ogni millesimo). Nel bicchiere ha colore rosso rubino intenso, naso di grande impatto, concentrato, con sentori di fiori appassiti e frutti rossi maturi, lievi aromi di spezie. In bocca é caldo e morbido, di bella struttura, da accompagnare a zuppe toscane, in primis ribollita, carni allo spiedo, formaggi di media stagionatura.
Cavallotto-Bricco Boschis
Cavallotto-Bricco BoschisBiography
Alle porte di Castiglion Falletto, cuore del Barolo, sul Bricco Boschis, si trova la Tenuta Cavallotto, estesa su una superficie di 25 ettari, dei quali 23 sono coltivati a vigneto. I Cavallotto sono proprietari-produttori da cinque generazioni, e nel 1948 i fratelli Olivio e Gildo sono stati i primi coltivatori della zona a dedicarsi alla vinificazione delle proprie uve e alla commercializzazione diretta dei vini. Oggi sono i figli di Olivio a portare avanti l’azienda, continuando a vinificare unicamente uve prodotte nella tenuta e sfruttando la lunga esperienza nel mondo del vino maturata in tanti anni di tradizione familiare. La cantina Cavallotto si estende tra le vigne del Bricco Boschis, sul versante est, subito dietro la vecchia cascina del 1800. Nel corpo centrale e non interrato é ancora visibile il grande locale adibito alla fermentazione nel quale le uve appena raccolte e diraspate vengono macerate e fermentate in vinificatori di acciaio inossidabile a temperature controllate; il successivo affinamento del Barolo, della Barbera e di parte del Dolcetto viene effettuato in botti di rovere di Slavonia all’interno dei locali che si trovano sotto il Bricco Boschis, in modo tale da garantire una naturale umidità e costanza di temperatura.
Il terroir di Castiglion Falletto é particolarmente generoso nel regalare vini di spiccata gradazione alcolica, robusti e molto longevi. Le particolarità geologiche delle singole sottozone sulle quali insistono le vigne, fanno sì che i prodotti di quest’azienda mostrino caratteristiche differenti l’uno dall’altro, sempre tuttavia in un contesto di ricerca assoluta della qualità che é da sempre il marchio di fabbrica dei Cavallotto. Il sapiente utilizzo di adeguate tecniche vitivinicole in cantina contribuisce a regalare vini importanti, primo tra tutti una selezione di tre Cru di Barolo assai apprezzata per struttura, ampiezza dei profumi e capacità di invecchiamento. Barolo Bricco Boschis, Barolo Riserva Bricco Boschis Vigna San Giuseppe e Barolo Riserva Vignolo, certamente oggi sono collocabili al vertice dell’enologia piemontese, trattandosi di vini premiati a livello nazionale e internazionale con riconoscimenti di indiscutibile prestigio su gran parte delle più accreditate guide del settore.
Tuttavia la gamma di vini prodotti in azienda é piuttosto ampia e comprende la gran parte dei vitigni autoctoni piemontesi, dai quali vengono ricavati Dolcetto d’Alba, Barbera d’Alba, Nebbiolo Langhe, Freisa Langhe, Grignolino Piemonte, Pinot Langhe e Chardonnay Langhe.
Collavini
CollaviniBiography
La storia enologica della famiglia Collavini ebbe inizio nel 1896, quando il capostipite Eugenio cominciò a rifornire con i suoi vini le migliori famiglie udinesi. Ma il momento magico, nell’evoluzione dell’azienda, si é avuto negli anni 70 del 1900, quando il suo discendente Manlio Collavini decise di impegnare notevoli capitali in strutture moderne e funzionali, per migliorare gli standard di efficienza della cantina e soprattutto la qualità dei prodotti. L’operazione ebbe immediato successo grazie al Grigio, uno spumante a base di Prosecco e Chardonnay che ottenne vasti consensi, consensi che Collavini si affrettò a raddoppiare affiancandogli una Ribolla Gialla spumantizzata. Nel 1980, poi, con l’acquisizione e il restauro, a Corno di Rosazzo, di un antico maniero del XVI secolo, l’intraprendente produttore friulano non trovò soltanto una prestigiosa dimora per la propria famiglia, ma anche la sede per una cantina in cui era possibile accentrare tutte le attività produttive. Cominciò proprio allora la svolta qualitativa più importante dell’azienda Collavini, con un programma globale ch’é spaziato dalla fidelizzazione dei vignaioli conferenti le uve, controllati da un agronomo nella conduzione delle vigne, alla modernizzazione degli impianti, imperniati su pigiature soffici e vinificazioni termocontrollate. Oggi, con oltre 173 ettari di vigneto in proprietà e 1,5 milioni di bottiglie prodotte all’anno, quella di Manlio Collavini é una delle aziende più efficienti e importanti del Friuli. Lo é grazie alla cura con cui egli ha sempre seguito sia i vini base sia la gamma alta della sua produzione, e all’attenzione con cui ha continuato a a sperimentare tecniche di cantina: non solo quelle tradizionali come l’appassimento, ma anche nuove, come il congelamento delle uve o l’osmosi inversa. Per lui il vino é molto più di una bevanda: convinzione che lo ha spinto a impegnarsi, come parlamentare, per migliorarne la legislazione. Il risultato più brillante della sua azione pubblica é stato però quello di riuscire a far battezzare le strade del suo comune, Corno di Rosazzo, con i nomi dei vitigni friulani: l’indirizzo della sua azienda é infatti in via della Ribolla Gialla. Affiancato dalla moglie Anna e dai figli Luigi e Giovanni, si affida oggi in cantina all’opera dell’enologo Walter Bergnach. I migliori risultati li ha ottenuti con il Broy, un bianco Doc del Collio ottenuto per assemblaggio da tocai, chardonnay e sauvignon, a cui ha affiancato due rossi: uno, il Forresco, della Doc Colli Orientali del Friuli, ottenuto da uve autoctone di refosco dal peduncolo rosso, refosco di Faedis e pignolo; l’altro, il Collio Merlot Dal Pic, da uve internazionali.
Cusumano
CusumanoBiography
Non é storia recente quella di Alberto e Diego Cusumano nel campo della viticoltura, ma inizia oltre quarant’anni fa quando il padre, proprietario di vasti appezzamenti di terreno in varie parti della Sicilia, produceva mosti concentrati destinati al mercato del Nord Italia.
Il vino, infatti, é arrivato molto tempo più tardi, negli anni 80, quando Cusumano si rese conto che bisognava guardare avanti con lungimiranza, e che la politica delle eccedenze non poteva più avere grande futuro.
Iniziò allora a fare selezione, piantando i migliori cloni dei tradizionali vitigni siciliani, come l’insolia e il nero d’Avola, e mettendo a dimora anche alcuni vitigni internazionali, come le syrah, il cabernet sauvignon, lo chardonnay.
La vera svolta si é avuta tuttavia alla metà degli anni ’90, con l’ingresso in azienda di Diego a fianco di Alberto.
L’idea dei due fratelli, però, non é stata quella di ripetere il modello d’impresa perfezionato dal padre, bensì di puntare l’obiettivo sui vini di qualità.
I dinamici Diego e Alberto hanno oggi dalla propria parte un vasto patrimonio di terreni di oltre 400 ettari, distribuito tra sette tenute strategicamente collocate in gran parte delle aree più vocate alla viticoltura come Alcamo, Monreale, Partinico, Ficuzza e Bufera dalle quali si origina una produzione di circa 2 milioni 500mila bottiglie annue.
La loro giovane azienda nel giro di pochi anni é diventata un vero e proprio fenomeno di mercato, ed é oggi molto conosciuta a livello planetario dagli Stati Uniti alla Russia, in special modo grazie a una felice combinazione di tecnologia e territorialità che si é dimostrata assolutamente vincente.
Uno dei suoi vini più rappresentativi, l’Angimbé, blend di inzolia 70% e chardonnay 30% fresco e strutturato al tempo stesso, é stato collocato da Wine Spectator nel 2004 tra i migliori 100 vini del mondo, e nel 2008 tra le migliori etichette italiane come rapporto qualità-prezzo.
I Cru aziendali senza dubbio sono il Noà, assemblaggio di nero d’Avola 40%, merlot 30%, cabernet sauvignon 30%, e il Sagana, nero d’Avola in purezza, entrambi insigniti quest’anno del prestigioso riconoscimento dei 3 bicchieri del Gambero Rosso.
I più importanti obiettivi al momento ancora da raggiungere sono il consolidamento dell’immagine dei vini e del marchio a livello internazionale come emblema del vino siciliano di più alta qualità, aspetto quest’ultimo di fondamentale rilevanza al quale Alberto e Diego tributano gran parte delle proprie energie.
Dino Illuminati
Dino IlluminatiBiography
I poderi della famiglia Illuminati sono situati tra Centroguerra e Neretto, a nord della provincia di Teramo, tra gli Appennini e il Mare Adriatico a 300 metri sul livello del mare. Nicola Illuminati alla fine dell’800 fondò la casa vinicola Fattoria Nicò, la stessa che oggi a distanza di oltre 100 anni é mandata avanti dal nipote Dino con la collaborazione di moglie e figli. La superficie vitata complessiva ammonta a 110 ettari per una produzione annua di 1 milione 200mila bottiglie di ottimo livello qualitativo medio. La storia di quest’azienda ha senza dubbio rappresentato uno stimolo per la maggior parte dei produttori abruzzesi, fino a non molto tempo fa abituati a vendere l’uva ad altri che la impiegavano per “tagliare” i propri vini nelle annate non eccezionali. Grazie all’esempio pionieristico di Illuminati nello sviluppare l’intera filiera produttiva dei vini, oggi l’enologia abruzzese é conosciuta e apprezzata sia in Italia che all’estero. I due Cru più prestigiosi della casa sono entrambi Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Riserva Docg; il Pieluni in particolare ha ottenuto grandi riconoscimenti. La raccolta di questo vino é tardiva e avviene manualmente nell’ultima decade di ottobre. Le uve vengono diraspate, pigiate in modo soffice e vinificate in fermentini d’acciaio inox a temperatura controllata di 29-30 deg;. Al termine di una macerazione di oltre 20 giorni in cui la buccia rimane a contatto con il mosto e terminata la fermentazione alcolica, inizia la malolattica, al termine della quale il vino viene travasato e posto a invecchiare per due anni in barrique. Una volta imbottigliato, affina per ulteriori 14-15 mesi in grotte naturali per esaltare al massimo le sue caratteristiche di complessità e potenza strutturale.
L’altro Cru aziendale é il Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva Zanna, prodotto soltanto nelle annate migliori. Il Vigneto Zanna é situato sulle colline alla destra del fiume Tronto che scendono in Adriatico, a quota 287 metri s.l.m. nel comune di Controguerra, in clima dolcissimo a fresca ventilazione; é stato uno dei primi vigneti a essere stato impiantato in azienda con un sistema di allevamento a tendone con circa 1.100 ceppi per ettaro. Il Vigneto Zanna é uno degli ultimi a essere raccolto; dopo un forte diradamento e una meticolosa selezione delle uve, le uve vengono diraspate, pigiate e poste a fermentare in vinificatori di acciaio inox a una temperatura non superiore ai 30 deg;. Il vino viene quindi travasato in botti di rovere di Slavonia dove compie l’affinamento per 24-26 mesi.
Donatella Cinelli Colombini
Donatella Cinelli ColombiniBiography
Donatella Cinelli Colombini appartiene a una storica famiglia che ha un plurisecolare rapporto con la vite e il vino. Dalla sua famiglia ha ereditato due fattorie, una situata a Montalcino e l’altra alcuni chilometri più a nord, a Trequanda, in quella magnifica terra che viene denominata “Le Crete Senesi”.
Donatella dirige le due aziende dal 1998 e le ha sapute trasformare coniugando tecnologia e tradizione, con una visione tutta femminile del modo di fare e commercializzare il vino, con una produzione complessiva superiore alle 150mila bottiglie di pregio distribuite in oltre 25 mercati del mondo.
A Montalcino, sul versante settentrionale, che degrada dolcemente verso il fiume Orcia, é situata la fattoria Casato Prime Donne, un antico casale circondato da 23 ettari coltivati prevalentemente a sangiovese grosso. La cantina é molto suggestiva e gli ambienti nei quali sono collocate le botti e le barrique in cui viene affinato il Brunello, sono decorate da affreschi che raccontano la storia di Montalcino.
Ma questa azienda ha una particolarità che la rende unica al mondo; oltre alla titolare, tutte le dipendenti, compresa l’enologa-cantiniera, sono donne, e il loro lavoro congiunto sa dare un’interpretazione del tutto femminile ai vini di Montalcino.
L’altra fattoria, sita a Trequanda, é il Colle. Appartiene alla famiglia Colombini dal 1592. Ha circa 23 ettari di vigneto e produce vini Chianti Doc e Orcia Doc. Inoltre produce olio, cereali e anche tartufi. é un’azienda agrituristica con camere confortevoli e un piacevole ristorante tipico.
Il vino bandiera di Donatella Cinelli Colombini é senz’altro il Brunello di Montalcino Docg Selezione Prime Donne. Un vino prodotto solo nelle annate migliori e prima di essere imbottigliato deve essere approvato da un gruppo di sole donne, esperte assaggiatrici tra le quali Maureen Ashley, Astrid Schwarz, Daniela Scrobogna e Marina Thompson.
Un altro vino singolare é senza dubbio il Cenerentola vino con la Doc Orcia, che nasce da uve sangiovese con l’aggiunta dell’antico vitigno “foglia tonda”, vitigno autoctono che era destinato a scomparire ma che é stato salvato grazie al lavoro congiunto di vecchi vignaioli e ricercatori universitari. Non vanno però dimenticati il Rosso di Montalcino, morbido e immediato, e la schietta Grappa di Brunello.
Donna Olga
Donna OlgaBiography
Olga Peluso, giovane di origini napoletane, ma toscana di adozione, nel 2000 ha dato il via a Donna Olga, avventura imprenditoriale nel mondo vitivinicolo, in quel di Montalcino. Considerata una delle più valenti donne manager del settore, gestisce la sua azienda con piglio deciso cercando di portare avanti un progetto che mira alla massima qualità possibile e alla creazione di vini di eccellenza. La superficie vitata é di 11 ettari complessivi, 4 dei quali dedicati al sangiovese grosso da Brunello, suddivisa tra alcuni vigneti già esistenti e altri di nuovo impianto, per i quali sono stati utilizzati cloni di sangiovese selezionati in collaborazione con prestigiose università italiane e straniere. I vigneti aziendali si affacciano sulla splendida vallata del versante maremmano della collina ilcinese, quello a sud-ovest, il più vocato per microclima ed esposizione, lo stesso in cui si trovano le aziende più antiche e rinomate del Brunello. Anche le tecniche di vinificazione e di invecchiamento, effettuate nell’assoluto rispetto della tradizione centenaria di Montalcino, sono oggetto di studio e sperimentazione finalizzato all’ottimizzazione del rapporto vino-legno. Il Cru della maison é ovviamente il Brunello di Montalcino Docg, rosso imperioso di grande persistenza, struttura ed eleganza, con una stoffa densa e vellutata, dalla componente aromatica in cui si rilevano sentori tipici del terroir che lo rendono inimitabile. La tecnica di vinificazione seguita prevede che dopo la diraspapigiatura, la fermentazione alcolica avvenga in acciaio inox a temperatura controllata di 28/30deg; con frequenti rimontaggi e delestages; la macerazione sulle bucce é di circa 25 giorni. La fermentazione malolattica avviene in botti di rovere di Allier da 30 ettolitri. Per l’affinamento, invece, dopo la malolattica, il vino é riposto in botti di rovere di Slavonia da 30 ettolitri per 36 mesi; l’ulteriore anno previsto dal Disciplinare di produzione é di affinamento in bottiglia. Nel bicchiere il Brunello di Montalcino Docg Donna Olga si presenta con colore rosso rubino, tendente al granato, naso intenso ed elegante con note di ciliegia e frutti di bosco, mentre al palato si propone caldo e morbido, di grande eleganza e persistenza. In tavola, fa matrimonio d’amore con piatti di selvaggina e cacciagione, formaggi di media stagionatura. La cantina produce anche un intrigante Rosso di Montalcino, dagli invitanti profumi di viola e frutti di bosco, e dalla trama setosa ed elegante.
Duca di Salaparuta
Duca di SalaparutaBiography
Era principe di Villafranca e duca di Salaparuta, Giuseppe Alliata, ma nutriva idee progressiste. Nel 1824, quando decise di vinificare in proprio le uve di inzolia della sua fattoria in contrada Corvo di Casteldaccia, volle che la sua personalità si rispecchiasse nel vino che intendeva produrre per offrirlo agli ospiti illustri in visita alla sua residenza di Villa Valguarnera. Nacque così il Corvo, un vino aristocratico e anticonformista, che non tardò a uscire dai salotti siciliani per confrontarsi con le grandi etichette dell’epoca. Quella sfida, produrre vini di levatura internazionale con uve siciliane, fu raccolta da suo figlio Edoardo, e successivamente dal nipote Enrico. Personaggio affascinante, quest’ultimo, filosofo, musicista, pioniere nella promozione della dieta mediterranea. Sotto la sua guida la casa vinicola si sviluppò, aprendosi a esperienze internazionali. Alla morte del duca Enrico, però, la figlia Topazia non se la sentì di gestire l’azienda, ormai di considerevoli dimensioni, e nel 1961 la cedette a una finanziaria controllata dalla Regione, l’Espi, che le assicurò un significativo successo commerciale. Ma esattamente 40 anni dopo, nel maggio 2001, nuovo passaggio di mano: la Duca di Salaparuta é stata privatizzata per mezzo di una gara. L’ha vinta il gruppo Illva di Saronno tramite una controllata siciliana, la Florio di Marsala. Il disegno strategico di Augusto Reina, amministratore delegato dell’Illva, era molto lucido, realizzare con quella acquisizione un polo vinicolo siciliano di alto livello sfruttando la complementarietà dei due marchi, noti entrambi su scala internazionale: la Florio, numero uno del Marsala e dei vini liquorosi, e la Duca di Salaparuta, numero uno dei vini da pasto dell’isola, con un rosso del calibro del Duca Enrico, a base di nero d’Avola, e un bianco della struttura di Bianca di Valguarnera, a base di inzolia. Per riuscire nell’intento, Reina ha riunito le due aziende nella società Case vinicole di Sicilia e tra il 2002 e il 2007 ha investito 30 milioni di euro per l’ammodernamento delle cantine Duca di Salaparuta, a Casteldaccia e ad Aspra. Ma l’investimento chiave lo ha programmato per i vigneti. Pur producendo 9 milioni di bottiglie all’anno, l’azienda non possedeva infatti vigne: acquistava le uve scegliendo i terreni più vocati e i vignaioli migliori. L’acquisto del feudo Suor Marchesa, 94,5 ettari a Butera, terra da Nero d’Avola, e della tenuta Vagliasindi, 8,7 ettari a Castiglione di Sicilia, alle falde dell’Etna, dove nerello mascalese e pinot nero danno straordinari risultati, sono stati soltanto un inizio per dotare la Duca di Salaparuta di cru adeguati alle sue ambizioni.
Falesco
FalescoBiography
L’Azienda Vinicola Falesco è stata fondata nel 1979 a Montefiascone dai fratelli Renzo e Riccardo Cotarella entrambi enologi e profondamente radicati in questa terra. Tra gli obiettivi iniziali quello di recuperare i vitigni storici fu considerato primario. Oltre a ciò, si cercò di identificare aree viticole dove l’esposizione e la particolarità dei terreni potessero garantire prodotti di altissima qualità. Contemporaneamente, si andava realizzando una cantina moderna dove l’uso delle ultime tecnologie per la fermentazione consentiva l’esaltazione del patrimonio aromatico e gustativo delle selezioni locali. I vigneti dell’azienda si estendono tra Lazio ed Umbria.
Farnese
FarneseBiography
A Ortona, in Abruzzo, Farnese é sinonimo di vino, da quando nel 1538 la principessa Margherita d’Austria, sposata con il principe Farnese, ha deciso di ritirarsi dalla vita di corte e costruire in Ortona, appunto, lo splendido Palazzo Farnese. Durante questo periodo la città ha vissuto un grande splendore e tutte le attività sono state rilanciate, in modo particolare la principessa Farnese ha dato impulso alla produzione delle uve e i suoi vini venivano bevuti nei banchetti delle più importanti corti europee. Figlia di questa storia affascinante, la Farnese Vini, giovane realtà vitivinicola abruzzese che, in pochi anni, ha saputo ritagliarsi un ruolo da leader nei maggiori mercati italiani ed esteri. La sede aziendale é situata nello storico Castello Caldora, costruito nel 1400 dal condottiero Giacomo Caldora a difesa della città di Ortona, tutelato dalle Belle arti e restituito agli antichi splendori dopo un attento restauro. L’azienda ha come missione quella di valorizzare tutte le aree e i prodotti regionali abruzzesi; per questo possiede vigneti sia nella provincia di Chieti, dove sono concentrati principalmente i locali vitigni a bacca bianca, e il sangiovese, sia in provincia di Teramo, dove nella rinnovata Cantina di Roseto degli Abruzzi, vengono prodotti i Cru più importanti ottenuti da uve montepulciano d’Abruzzo. Figlio della filosofia aziendale volta alla valorizzazione dei vitigni autoctoni, Edizione Cinque Autoctoni é il prodotto di punta della Farnese. Nato dalla forte volontà di creare un vino che potesse essere espressione della millenaria tradizione enologica di due delle aree dove l’azienda investe le maggiori risorse, l’Abruzzo e la Puglia (dove la Farnese é presente con la partecipata Feudi di San Marzano), questo Cru “autoctono” é vinificato con uve montepulciano e sangiovese provenienti dal primo, primitivo negroamaro e malvasia nera provenienti dalla seconda. Nel bicchiere si presenta di colore rosso granato molto intenso, impenetrabile, mentre al naso é molto intenso e persistente con sentori di ciliegia, prugna, ribes maturi, tabacco, una piacevole nota tostata finale. Vino di grande struttura, in bocca é caldo e morbido, con tannini eleganti e vellutati, gusto molto persistente e con finale lungo che offre note speziate di vaniglia e cioccolato. Pronto per essere bevuto subito, può invecchiare bene e senza problemi per 8/10 anni. Da servire a 18-20°, ha tra i migliori abbinamenti gastronomici sughi robusti, carni rosse e selvaggina.
Fattoria La Valentina
Fattoria La ValentinaBiography
La Fattoria La Valentina si trova nel comune di Spoltore, sulle colline nei pressi di Pescara. Si tratta di una piccola realtà in costante crescita che oggi si estende su 18 ettari complessivi di superficie vitata, tra vigne di proprietà e in affitto, per una produzione annua di circa 300mila bottiglie. Il vigneto principale dell’azienda, che trae il nome dalla località, Santa Teresa, nella quale sorge la cantina, a pochi chilometri dal Mar Adriatico e prospiciente i massicci della Maiella e del Gran Sasso, é coltivato a montepulciano e trebbiano. Il clima particolare generato dalla vicinanza di mare e montagne garantisce la valorizzazione delle caratteristiche tipiche dei vitigni piantati, fattore questo di fondamentale importanza che influenza fortemente lo stile produttivo della casa. Da questo vigneto nascono due grandi vini da uve montepulciano in purezza, di maestosa struttura e ottimo equilibrio tra potenza alcolica, tannini e freschezza. I due Cru sono Spelt, che nel bicchiere si presenta rosso rubino profondo con naso che esprime aromi di frutta matura ricca e concentrata, con note di ciliegia e sentori speziati, mentre al palato é pieno, caldo, con i tannini ben fusi, a dare sensazioni dolci e potenti con in evidenza la freschezza del frutto. Di buona acidità con sorso di bella lunghezza e sapidità, ha finale lungo e piacevole. E il Bellovedere, vino che alla degustazione si propone rosso intenso, denso, con naso che ha profumi di marmellata leggera di susine e bacche rosse ben mature, una dolce speziatura. Al palato é ricco e largo, con corpo sostanzioso. Si abbina a carne alla brace. L’altro vigneto che contribuisce alla produzione di un altro Cru prestigioso dell’azienda é il Binomio, che si estende per 4 ettari, tutti coltivati a uva montepulciano, nella località di San Valentino in Abruzzo Citeriore, acquisito recentemente perchè ritenuto di interesse nell’ottica di produzione di vini tipici, dalle marcate caratteristiche territoriali e di immediata identificabilità. Binomio é un vino che si propone come nuova interpretazione del Montepulciano d’Abruzzo. Nel bicchiere, all’esame visivo, risulta di un bel rosso rubino con nota violacea. Al naso é molto intenso con note di mora, frutti rossi selvatici e spezie. Al palato si rivela potente, di spessore con un tannino importante, ma in grande equilibrio generale. Chiude senza spigoli e con notevole persistenza aromatica. In tavola bene si abbina a carni rosse, e formaggi stagionati.